Al netto della pratica fraudolenta di mettere in commercio molti oli d’oliva sotto la denominazione di “extravergine” senza che in realtà ne abbiano le caratteristiche chimiche ed organolettiche, a nessuno di noi verrebbe in mente di acquistare un prodotto alimentare che non soddisfi il proprio gusto o che non sia percepito come alimento di qualità. Tutto questo vale ancor di più quando il prezzo d’acquisto, del prodotto stesso, finisce per essere decisamente più alto del costo che troviamo a scaffale, per prodotti analoghi, presso la Grande distribuzione organizzata (GdO).
Non è un caso che tra i prodotti alimentari in commercio sia proprio l’olio d’oliva, uno dei più falsificati al mondo
Ebbene sì, cominciamo proprio col dire che il vero olio extravergine di oliva, è un potente antiossidante naturale, ma se lo si addiziona come spesso può accadere, con altre materie prime non conformi o addirittura anche pericolose per la salute umana, ingerirne anche modeste quantità giornaliere, può diventare un vero e proprio rischio per la salute.
Ma perché si sente la necessità di “sofisticare” proprio l’olio extra vergine di oliva?
La risposta a questa domanda è molto semplice.
Poiché ci vogliono trai 5 e i 8 kg di olive per ottenere un litro di olio, si capisce bene che il costo di produzione è molto alto. Per bypassare il problema quindi, si può arrivare a portare sul mercato alimentare un prodotto che nulla ha a che vedere né con la dicitura “extra vergine” nè con i suoi effetti benefici. Si finisce così per “mascherarlo” al consumatore finale, facendogli credere che gli si permette di portare sulla propria tavola un prodotto di qualità elevata a basso prezzo.
Se vale ciò che abbiamo detto in questa premessa è necessario allora poter dare la possibilità ai più di riconoscere un buon olio extravergine di oliva così da non cadere nella eventuale trappola che gli si può tendere.
A quanti avranno quindi la pazienza di seguirci, di seguito, daremo alcuni consigli pratici.
La restante parte del nostro articolo verrà divisa in tre parti:
Nella prima parte, proveremo ad illustrare le caratteristiche del contenitore, dell’etichetta e dell’equo prezzo di vendita di un olio extra vergine di oliva;
Nella seconda parte ci concentreremo di più sulle proprietà organolettiche che l’EVO deve possedere perchè si possa dire che siamo in presenza di un prodotto naturale e non sofisticato.
Descriveremo, in ultimo, anche quelle componenti organolettiche del prodotto che potrebbero essere considerate come delle caratteristiche negative, delle “imperfezioni”, ma che al contrario, ci permettono di dire che siamo in presenza di un prodotto “artigianale” e di qualità.
- Innanzi tutto partiamo dall’imballaggio primario, ovvero dalla bottiglia utilizzata per conservare e/o commercializzare l’olio. Come dev’essere la confezione?
Diciamo subito che oggi è sempre più riduttivo parlare di bottiglia, perchè forme, modelli e materiali dei contenitore si sono notevolmente evolute. La prima cosa da considerare quindi, non è l’estetica, ma semmai, la “trasparenza” o meno del contenitore. Infatti, poichè la luce accelera i processi ossidativi che causano alterazioni e modifiche al sapore dell’olio, più i contenitori proteggono il liquido dalla luce (come i recipienti in acciaio inox o le bottiglie di vetro scuro), maggiore sarà la capacità di mantenere a lungo ed inalterata la qualità del prodotto.
Quindi per rispondere alla domanda: il contenitore dovrà essere decisamente scuro.
Il secondo aspetto riguarda, a cascata, anche la chiusura della confezione che dovrà essere ermetica e in ultimo, ma non per questo da considerare come un particolare meno significativo, dovremo verificare quanto olio potrà contenere la confezione stessa.
Sul punto diciamo pure che sia esso un contenitore in vetro, acciaio inox, bag-in-box o brik, l’olio extravergine di oliva per legge, deve essere venduto in contenitori chiusi ermeticamente con capacità massima di 5 Litri (25 litri per i ristoranti). - Il contenitore deve essere etichettato?
La risposta è affermativa. Altro elemento che non deve mai mancare è l’etichetta.Leggendo l’etichetta, infatti, il consumatore troverà tutto ciò che gli occorre sapere sul prodotto, ivi compresa:
1. la denominazione di vendita (nel caso del prodotto che stiamo esaminando ci deve essere indicato: “Olio Extra Vergine di Oliva”).
2. la categoria dell’olio: “Olio d’oliva di categoria superiore ottenuto direttamente dalle olive e con procedimenti meccanici”.
3. Infine la designazione di origine del prodotto: “Olio extra vergine di oliva ottenuto in Italia da olive raccolte in Italia”.Anche qui, a seguire, con la stessa importanza che attribuiamo alle caratteristiche citate in precedenza sull’etichetta dovremo trovare:
il nome del produttore, il lotto di appartenenza, l’anno di raccolta delle olive, e la tabella nutrizionale.Infine, ove il metodo produttivo adottato, abbia seguito le rigide normative nazionali e comunitarie in materia di certificazioni (Prodotti a denominazione DOP o IGP e/o biologici), certamente il consumatore ne dovrà trovare la descrizione in etichetta. Questa indicazione è obbligatoria ed è molto importante e finisce per tutelare non solo il consumatore, ma anche il produttore che attraverso la presenza di questi simboli in etichetta, avrà la possibilità di pubblicizzarne la qualità. - Qual è il prezzo di vendita corretto?
Il primo campanello d’allarme per il consumatore deve essere un prezzo dell’olio troppo basso: quando ci riferiamo ad un prodotto “artigianale”, e per giunta certificato, intendiamo raggruppare una serie di fattori unici che se non valorizzati attraverso un prezzo adeguato, non permetterebbero nemmeno di coprire i costi di raccolta e produzione.Ricordiamo quindi che prezzi troppo bassi sono sempre sinonimo di scarsa qualità.
Se dovessimo dare un parametro riguardo al giusto prezzo di un buon olio extravergine di oliva dovremmo dire allora che se costa meno di 10 euro al chilo potrebbe non avere tutte le caratteristiche che abbiamo precedentemente descritto. Ci rendiamo conto di non poter mettere una soglia di prezzo poiché quest’ultimo è anche generato a volte, dal luogo di produzione (La Regione d’origine) e dalla difficoltà della raccolta. Dobbiamo pensare ad esempio che per la loro conformazione orografica a volte alcuni terreni si trovano in zone scoscese che non permettono la raccolta meccanica delle olive (Vedi alcune zone in Liguria o ad esempio sul Lago di Garda)e quindi spesso e volentieri non riescono a produrre una quantità notevole di olio extravergine che per questa ragione rispetto ad altre qualità provenienti da altri territori, deve avere un prezzo di vendita più alto. Come si vede questo è solo un esempio rispetto alle numerose variabili che finiscono per incidere sul prezzo finale di vendita.
Siamo così giunti alla seconda parte del nostro articolo dove cioè tentiamo di dire cosa dobbiamo aspettarci assaggiando un prodotto alimentare “artigianale”?
A rispondere per noi, sarà scientificamente l’analisi sensoriale dell’olio che attesta l’assenza di difetti nel profilo aromatico, ma ciò non toglie che senza essere degli esperti assaggiatori, possiamo anche fare da noi stessi. Conoscere le caratteristiche principali di un olio di oliva extravergine di buona qualità in un mercato sempre più sofisticato e globale non è per niente facile. Ciò che dobbiamo fare quindi è valutare tre aspetti: l’aspetto visivo (colore e il corpo), quello olfattivo ed ovviamente il gusto che comprende i sapori aromatici e i retrogusti dell’olio extravergine.
Cominciamo con il dire che l’olio extravergine di oliva non deve avere difetti.
Una volta aperto, infatti, la prima cosa da tener presente, senza per questo dover essere degli specialisti in materia, è l’aspetto visivo.
Sul punto e sempre per grandi linee: se non ci sono contraffazioni, un olio verde indica che è stato prodotto con olive poco mature (chiamato anche olio “verdone”), mentre un colore giallo oro, demarca la provenienza del prodotto da olive più mature (il colore giallino pallido indica la provenienza da olive di scarsa qualità).
Il secondo aspetto per riconoscere un buon olio EVO è ciò che ci può dire l’olfatto. L’olio deve emanare il caratteristico odore di olive fresche, di erba appena tagliata mentre, se odora di chiuso o non ha odore significa che è stato conservato male o prodotto con olive di scarsa qualità o che l’olio è in cattivo stato.
Infine, l’aspetto su cui appuntare l’attenzione è la sfumatura di sapore. Un buon olio EVO, soprattutto se appena spremuto, deve avere note di sapore leggermente amare e piccanti. Deve inoltre essere leggermente fruttato, anche se la percezione varia a seconda della maturazione delle olive, della cultivar di provenienza e della tipologia di oliva. Infine, l’olio extravergine di qualità lascia una bocca asciutta e pulita, non la sensazione di pastoso e di unto tipica degli oli scadenti
Dopo questo approfondimento, eccoci giunti alla parte finale dell’articolo.
Per punti, vi diremo come valutare praticamente le caratteristiche organolettiche di un buon olio extra vergine di oliva.
Versare in un bicchiere, possibilmente in vetro scuro, un cucchiaio di olio, facendo agitare il liquido e scaldandolo tra le mani.
Successivamente valutare se:
- il liquido presenta alla vista una fluidità medio-bassa (un olio troppo fluido potrebbe non essere di buona qualità).
- il liquido presenta all’olfatto profumi di oliva, erba, frutta e verdura;
- il liquido presenta all’assaggio un gusto amarognolo piccante.
Per concludere, fate attenzione perché ogni annata presenta sempre le proprie peculiarità che sono dovute ai cambiamenti climatici ed alle olive stesse. Quindi rassegnatevi non potrete mai trovare gli stessi gusti, odori, colori e fluidità. E’ proprio questa la “magia” che riesce ad ogni campagna olearia, ovvero se produci un prodotto naturale, è sempre la natura ad aver l’ultima parola.
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